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Beatrice Merz – Mario Merz Prize

Beatrice Merz, Mario Merz Prize

Beatrice Merz
Mario Merz Prize

Wael Shawky. Al Araba Al Madfuna 
fino al 5 febbraio 2017
a cura di Abdellah Karroum

Al Araba Al Madfuna  è una grande mostra dell’artista Wael Shawky (Alessandria d’Egitto, 1971) vincitore della prima edizione del Mario Merz Prize.

Il progetto espositivo site specific ruota intorno alla trilogia dei film Al Araba Al Madfuna, presentata per la prima volta nella sua interezza. Wael Shawky invita ad attraversare gli elementi fisici che costituiscono il film: architetture di scena e sculture, allestiti in un paesaggio artificiale di sabbia.
La scenografia così prodotta, insieme alle proiezioni, offrono la possibilità di un’esperienza immersiva tra sogno è realtà e creano un’atmosfera originale che riprende i riferimenti storici, letterari e cinematografici con cui l’artista ha immaginato le sue storie.

Con Araba Al Madfuna prosegue l’interesse di Shawky, già esplorato in diversi progetti degli ultimi dieci anni, nell’utilizzare racconti e storie preesistenti e che sono parte della nostra cultura, come punto di partenza per l’indagine cinematografica. La sua opera si basa su racconti storici, interpretazioni sociologiche e opere narrative, da cui costruisce il suo modo di guardare ai miti del passato insieme alle realtà del presente.

I film Al Araba Al Madfuna sono stati girati nell’omonimo villaggio avvolto da antichi miti e leggende e situato vicino agli scavi di Osirion del Tempio di Seti I, nell’antica città di Abydos in Egitto. La trilogia riflette sui rituali di narrazione orale della comunità, dove i racconti ripetuti e tramandati nel tempo diventano storie leggendarie che si ripropongono come nuova lettura del cambiamento e del progresso.
Wael Shawky analizza le possibilità di interpretare la letteratura, producendo i film con uno stile teatrale e cinematografico moderno. Bambini vestiti da adulti con la tradizionale gallabiya, con turbante e baffi posticci, raccontano le parabole dello scrittore egiziano Mohamed Mustagab’s Dayrout al-Shareif (1983). La loro narrazione si combina con la messa in scena di un fatto ispirato dall’incontro di Shawky con gli abitanti del villaggio che scavavano dei tunnel sotto casa, nella speranza di trovare dei tesori nascosti, secondo i racconti tramandati dai loro antenati.  In modo analogo, le parabole di Mohamed Mustagab collegano prospettive mitologiche del mondo metafisico, dell’invisibile con il mondo fisico materiale. I racconti scritti in versi, in lingua araba antica, riprendono anche questioni della nostra contemporaneità, in una dualità che si riflette anche nella composizione dei film.

Al Araba Al Madfuna I (2012) si basa sul racconto di Mustagab, The J-B-R’s, che narra di una tribù chiamata Al Jabarina. La storia si svolge nell’arco di molti anni, con l’alternarsi degli anziani della tribù che condividono i propri consigli su quale animale il villaggio dovrebbe adottare —prima un asino, poi un cammello, e infine un maiale— come offerta per un futuro di prosperità.

Al Araba Al Madfuna II (2013) riprende due racconti, The Offering e Horsemen Adore Perfumes. Il primo narra di un villaggio diventato misteriosamente muto e costretto a rivedere i propri metodi per il commercio, basato in principio sul potere della parola e della lingua parlata. Nell’ultima storia, una bellissima incantatrice di sangue reale, temuta dai suoi sudditi, cattura e sposa una serie di ignari cavalieri che incontrano tutti un fatale destino.

Al Araba Al Madfuna III (2015-16) si ispira al racconto di Mustagab, Sunflowers. Nella storia il girasole diventa metafora di inventiva e cambiamento, e della capacità di adottare nuove idee. Il villaggio dà un significato nuovo a una pianta senza valore, la fa diventare il suo prodotto principale, trasformandola in un vero tesoro, sostituendo un semplice prodotto agricolo con una pianta che si presta alle nuove necessità di intrattenimento.
A differenza dei precedenti film in bianco e nero, quest’ultimo è stato realizzato a colori e invertito in negativo, a sottolineare l’approccio concettuale di rapportare l’universo reale a quello metafisico.

Wael Shawky è il vincitore della prima edizione del Mario Merz Prize, premio biennale internazionale per l’arte e la musica. È stato scelto da una giuria composta da Manuel Borja-Villel, Massimiliano Gioni, Beatrice Merz, Lawrence Weiner insieme al voto del pubblico. L’annuncio è stato dato il 6 maggio 2015 a Venezia in occasione dell’apertura della mostra di Mario Merz alle Gallerie dell’Accademia e della 56° edizione della Biennale di Venezia.

Si ringrazia il Mathaf: Arab Museum of Modern Art,Qatar Museums, Doha, per avere generosamente concesso di proiettare Al Araba Al Madfuna III in anteprima assoluta.

Congiuntamente alla mostra alla Fondazione Merz si apre al Castello di Rivoli una retrospettiva dell’artista, a cura di Carolyn Christov-Bakargiev e Marcella Beccaria.

Ascolta Beatrice Merz – Mario Merz Prize” su Spreaker.

Mario Merz Prize

Il Mario Merz Prize, a cadenza biennale, nasce con l’intenzione di individuare e segnalare, attraverso la competenza di una fitta rete internazionale di esperti, personalità nel campo dell’arte e che, parallelamente, consenta a giovani compositori di proporsi per un progetto innovativo di musica contemporanea.
Il progetto vuol dar vita a una nuova rete di programmazione espositiva e di attività musicale in Italia e in Svizzera. La scelta di gemellare due nazioni è scaturita dalle caratteristiche dei due Paesi: entrambi centri di produzione e di cultura. La Svizzera rappresenta inoltre, l’origine e la nazionalità di Mario Merz e l’Italia la sua nazione d’adozione e il luogo di creazione.
Con la ferma certezza che l’arte rappresenta la libertà di pensiero senza confini e che attraverso di essa si rafforza l’autodeterminazione e la libera circolazione della cultura e delle idee, il premio sarà dedicato a coloro che nutrono la giusta volontà di perseguire le proprie ricerche al di là delle opposizioni derivanti dall’appartenenza politica, sociale, geografica. I processi artistici degli ultimi due decenni sono stati fortemente caratterizzati dalla particolare attenzione ai mutamenti storici, sociali e politici per questo e per le tragedie che ancora vedono l’umanità protagonista, il Premio intende rintracciare nell’opera e nel percorso individuale degli artisti e dei compositori, caratteristiche di internazionalità, generosità di pensiero, attenzione sociale oltre alla ricerca dell’innovazione.
Il Premio è indirizzato ad artisti e compositori di media carriera. Non sono previsti limiti di età, nazionalità o media. Artisti e compositori non possono autonominarsi ma sono indicati attraverso un sistema di candidature via web da parte di curatori, direttori di museo, critici, galleristi, membri di altre associazioni culturali, istituzioni musicali, interpreti, critici e personalità del mondo della musica e dell’arte.
Superata una fase eliminatoria, le composizioni dei concorrenti finalisti sono eseguite in un concerto e le opere degli artisti allestite in una mostra collettiva. Infine ai vincitori scelti dalle giurie internazionali e dal voto del pubblico, sono commissionate all’artista una produzione da presentare nell’ambito di una mostra personale e al compositore un brano per orchestra d’archi e un intervento musicale per uno spazio museale, legando in questo modo le diverse arti fra loro.

Oltre al voto del pubblico le giurie per la scelta dei vincitori sono composte: per l’arte da Manuel Borja-Villel (Direttore Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía, Madrid), Lawrence Weiner (artista), Massimiliano Gioni (Capo Curatore New Museum, New York – Direttore artistico Fondazione Trussardi, Milano) e Beatrice Merz; per la musica da Thomas Demenga (violoncellista e compositore), Dieter Ammann (compositore), Alexander Lonquich (pianista) e Willy Merz.

La prima edizione ha registrato un alto livello qualitativo e ottenuto un eccellente risultato di partecipazione in termini di candidature e votazioni in entrambe le sezioni.
Tra le numerose candidature per la sezione arte Marisa Merz, Beatrix Ruf e Claudia Gioia hanno selezionato Lida Abdul, Glenn Ligon, Naeem Mohaiemen, Anri Sala, Wael Shawky come finalisti; parallelamente Philip Samartzis, Gianluca Cascioli e Stefano Pierini tra i 132 compositori candidati hanno individuato Paolo Boggio, Arturo Corrales, Vassos Nicolaou, Cyrill Schürch e Vito Žuraj.

I vincitori della prima edizione sono stati Wael Shawky per la sezione arte e Cyrill Schürch per la sezione musica.

Sono stati infine selezionati i finalisti della seconda edizione. Francesco Arena, Petrit Halilaj, Gili Lavy, Shahryar Nashat e Suha Traboulsi sono gli artisti scelti dalla giuria composta da Marisa Merz (artista), Nicholas Cullinan (Direttore della National Portrait Gallery, Londra) e Claudia Gioia (curatrice indipendente).
La mostra dei 5 finalisti verrà inaugurata l’8 marzo 2017.
Gabriele Cosmi, Elvira Garifzyanova, Geoffrey Gordon, Pierre Mariétan e Catherine Milliken sono i compositori selezionati da Giacomo Agazzini (violinista e docente presso il Conservatorio G. Verdi di Torino), Stefano Pierini (compositore e docente presso il Centro di Formazione Musicale di Torino) e Philip Samartzis (sound-designer e docente presso l’Università di Melbourne).
Il concerto dei compositori finalisti si svolgerà l’8 marzo 2017.

Il Premio, a cui è stata conferita la Medaglia del Presidente della Repubblica Italiana, ha il patrocinio dell’Ambasciata di Svizzera in Italia, dell’Ambasciata d’Italia in Svizzera, della Regione Piemonte, della Città di Zurigo e della Città di Torino.

www.mariomerzprize.org

www.fondazionemerz.org

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www.ilpostodelleparole.it

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