“Garibaldi. Corruzione e tradimento”
Così crollò il regno delle Due Sicilie
Alfio Caruso
Neri Pozza
www.neripozza.it
“Garibaldi. Corruzione e tradimento”
Così crollò il regno delle Due Sicilie
Nel maggio del 1860, il Regno delle Due Sicilie rappresentava ancora la più grande e longeva realtà statuale dell’antico regime, un regno – con la sua passata storia di Regno di Napoli e Regno di Sicilia – plurisecolare che appariva, sulla carta, come la principale potenza della Penisola. Con l’impresa dei Mille, in soli sei mesi si dissolse. Una caduta tanto rapida quanto stupefacente, le cui cause sono tuttora oggetto di indagine e interrogazione da parte degli storici.
Narrando dell’impresa dei Mille come mai è stata raccontata, nel chiaro dei suoi eroismi e nello scuro di pettegolezzi, congiure di palazzo, voltafaccia improvvisi, diserzioni ben remunerate, Caruso mostra, in queste pagine, come corruzione e tradimento, insieme naturalmente alla risolutezza garibaldina, siano tra le principali cause della fine dei Borbone.
Usando testi più celebrati, testimonianze quasi ignote e l’intrigante mémoir di padre Giuseppe Buttà, cappellano del IX battaglione cacciatori di Francesco II, cui rimarrà fedele sino alla fine, il racconto non trascura nessuno dei capitoli e dei personaggi in gioco in quella pagina fondamentale della nostra storia.
Così si apprende che nella scaramuccia di Calatafimi le camicie rosse di Garibaldi furono sempre il doppio dell’esangue battaglione borbonico spedito dal pavido generale Landi, più preoccupato di avere libera la via per Palermo che di ributtare a mare il nemico. La leggendaria incapacità del luogotenente Lanza, intessuta di vigliaccheria e rassegnazione al punto tale da consegnare Palermo a un Garibaldi sul punto di abbandonarla, si unisce alle mille indecisioni di Francesco, sopraffatto dall’opportunismo di ministri e cortigiani, spesso a libro paga di Cavour. E nel libro campeggiano gli spericolati intrighi del Gran Conte, che ignorava l’Italia oltre Firenze e tuttavia non si lasciò sfuggire l’occasione di farla.
Alfio Caruso (Catania, 1950), una laurea, una moglie, tre figli, una nuora, due nipotini, dopo quattro romanzi con Leonardo e Rizzoli si è dedicato con Longanesi alla storia italiana del Ventesimo secolo. Ne ha narrato l’escalation mafiosa (Da Cosa nasce Cosa, Perché non possiamo non dirci mafiosi, Io che da morto vi parlo, Milano ordina: uccidete Borsellino), l’abbondanza di misteri (Il lungo intrigo), i più importanti episodi della seconda guerra mondiale (Italiani dovete morire, Tutti i vivi all’assalto, Arrivano i nostri, In cerca di una Patria, Noi moriamo a Stalingrado, L’onore d’Italia). Con Einaudi ha pubblicato due romanzi, Willy Melodia e L’arte di una vita inutile, con Salani Breve storia d’Italia.
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