Alessandro Giarda
“Victor Segalen”
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Victor Segalen (1878-1919) scrittore, poeta, etnografo, archeologo è uno dei grandi intellettuali “irregolari” del Novecento francese. Imbarcato come medico di marina, nel 1903 giunge a Tahiti dove viene a contatto con le ultime opere di Gauguin e la civiltà maori traendo ispirazione per Les Immémoriaux.
Nel 1909 parte per la Cina, dove soggiornerà a più riprese fino al 1914 prendendo parte a importanti e avventurose spedizioni archeologiche. Scopre la più antica statua Han dell’epoca e individua con precisione il mausoleo di Qui Shin Huang nell’area in cui verrà poi rinvenuto l’esercito di terracotta.
Dall’incontro con la cultura cinese nascono opere come René Leys, Il Figlio del Cielo, Stèles ed Equipée. Muore a Huelgoat, in Bretagna, nel 1919. Il suo corpo viene trovato in un bosco con una profonda ferita a un tallone e con accanto una copia delle opere di Shakespeare aperte alle pagine dell’Amleto.
La maggior parte dei suoi testi, rimasti inediti in vita, saranno riscoperti e pubblicati a partire dagli anni Sessanta del Novecento.
“Con la sua mescolanza di prosa sacra e poesia, il suo stile proprio delle opere più ambiziose, questo libro offre una summa delle diverse opere di Segalen. Magnifico esempio di esotismo nell’accezione del poeta”
Dalla Postfazione di Henry Bouillier
“I francesi non sanno che in Victor Segalen hanno uno dei più intelligenti scrittori del nostro tempo, forse il solo ad aver realizzato un’innovativa sintesi tra estetica e filosofia occidentale e orientale? Si può leggere Segalen in meno di un mese, ma occorre il resto della vita per iniziare a comprenderlo”
Jorge L. Borges
Victor Segalen muore a 41 anni il 21 maggio 1919 a Huelgoat, in circostanze misteriose, lasciando la gran parte della sua opera allo stato di manoscritto. A partire dagli anni Sessanta, grazie all’impegno della figlia Annie Joly-Segalen, diventa in Francia un autore di culto e da allora si susseguono le pubblicazioni di inediti, epistolari, biografie e saggi. Tra i suoi estimatori d’eccezione si annoverarano: Claudel, Saint-John Perse, Borges, Calvino, François Cheng, Simon Leys, Caillois, Agamben, Baudrillard, Onfray…
Il suo nome è stato associato alla seconda università di Bordeaux, alla Facoltà di scienze umanistiche e sociali di Brest, sua città natale, e alla scuola francese internazionale di Hong Kong. Nell’anno del centenario della morte, Segalen è oggetto di convegni, studi, mostre e dal 2020 farà parte degli autori della Bibliothèque de La Pléiade.
Victor Segalen
“Il figlio del cielo2
Cronaca dei giorni sovrani
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Uscito postumo nel 1975 e mai tradotto prima d’ora in italiano, Il Figlio del Cielo è considerato uno dei testi cardine dell’opera di Segalen e del suo concetto di esotismo come estetica del diverso. Dando prova di una straordinaria dimestichezza con il canone della tradizione letteraria e storiografica cinese, Segalen concepisce questo romanzo come la cronaca di un Annalista incaricato dall’ImperatriceVedova Cixi di registrare gli atti, le parole e gli scritti “caduti dal pennello” del penultimo sovrano della dinastia Qing, l’Imperatore Guangxu.
Ne emerge il ritratto di un giovane malinconico, tormentato dalla sua carica di Figlio del Cielo, ovvero di mediatore tra Cielo e Terra, e schiacciato dall’eredità degli antenati e dalle immutabili tradizioni di un impero millenario. Guangxu è l’immagine dell’artista alla ricerca dell’Assoluto, in lotta contro i limiti della conoscenza. Egli è naturalmente poeta. Le poesie che compaiono nel testo (il cui livello è paragonabile a quelle della raccolta Stèles a cui Segalen lavorava nello stesso periodo) non sono dunque artificiosamente inserite nella narrazione, ma costituiscono la voce più autentica dell’Imperatore.
Sullo sfondo della vita quotidiana di corte e dei rivolgimenti epocali che minano le già fragili fondamenta dell’Impero di Mezzo – la guerra sino-giapponese, la Riforma dei Cento giorni, il colpo di Stato di Cixi, la rivolta dei Boxer e la sua repressione da parte dei “Barbari stranieri” – va in scena la tragedia metafisica di un Amleto cinese che si dibatte in cerca di una propria identità e di un proprio posto nella Storia.
“René Leys”
L’incanto della città proibita
traduzione e cura di Alessandro Giarda
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Pechino, 1911. Durante gli ultimi giorni della dinastia Qing, alla vigilia della Rivoluzione che porrà fine a un impero con oltre duemila anni di storia, il giovane professore belga René Leys sembra essere testimone delle vicende e degli intrighi che avvengono nelle stanze inaccessibili del Palazzo Imperiale. Personaggio sfuggente e misterioso, René Leys si dichiara di volta in volta confidente del defunto Imperatore Guangxu, amico dell’attuale Reggente, agente della polizia segreta e amante dell’Imperatrice vedova.
Affidandosi alla sua guida, il narratore-protagonista del romanzo (Victor Segalen stesso) intravede la possibilità di penetrare finalmente la vera essenza dell’“Interno”, il cuore della Città Proibita. Per farlo dovrà superare l’antinomia tra Realtà e Immaginazione, “discernere il vero dal falso; il possibile dal probabile; il credibile dall’assurdo”.
Costruito su straordinari intrecci metanarrativi, giochi di specchi e rovesciamenti che sembrano anticipare lo stile di Calvino e Borges, questo romanzo, che ha la forma di un diario autobiografico, costituisce
la più felice e compiuta espressione dell’innovativa idea di esotismo
quale “estetica del diverso”. Victor Segalen, attraverso una scrittura venata di ironia e leggerezza, ci
offre una delle prove più enigmatiche e raffinate del primo Novecento che merita di essere riportata all’attenzione del lettore contemporaneo
IL POSTO DELLE PAROLE
ascoltare fa pensare
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